La mia giovinezza si è svolta all’ombra del regime della Dittatura Comunista, che segnava ogni aspetto della vita in Romania sotto il comunismo. Un sistema che, oltre la Cortina di Ferro, divideva il mondo in due metà contrapposte e permeava profondamente la vita quotidiana del paese.
Il colpo di Stato in Romania
Questo sistema era radicalmente diverso da quello che avrei trovato trentadue anni dopo qui in Italia. Nel dicembre del 1989, la Romania, la mia terra natale, fu scossa da un evento storico di enorme portata: una rivoluzione che, in realtà, mascherava un colpo di stato, un evento sismico nella politica di un paese che avviene forse una volta ogni cinquant’anni.
Durante quell’evento, il vecchio sistema comunista fu spazzato via, sostituito da promesse di capitalismo, di una società e un’economia teoricamente migliorate. Ma le regole del gioco comunista erano severe e immutabili, un sistema in cui la legge non tollerava interpretazioni e tutto apparteneva allo Stato. Ogni cittadino lavorava per lo Stato, compresi i miei genitori, impiegati in una delle più grandi fabbriche dell’Europa orientale.
Il lavoro era un dovere sacrosanto, un onore. Era la chiave della rispettabilità sociale. E studiare era altrettanto cruciale. La scuola obbligatoria durava inizialmente otto anni, poi estesa a dieci durante la mia adolescenza. L’educazione era un pilastro fondamentale per la crescita individuale e collettiva, una preparazione di cui avrebbero poi beneficiato anche i paesi dell’Europa occidentale dove, come molti altri, mi sono trovato a emigrare dopo il collasso dell’industria nazionale.
Vita in Romania sotto il comunismo
Vivere sotto il comunismo era come partecipare a un incessante ciclo di lavoro. Non esistevano giorni di riposo: il regime, talvolta, chiamava i cittadini a lavorare gratuitamente nei campi nei giorni festivi, a costruire laghi o a pulire terreni. Era un impegno forzato dal quale non si poteva sfuggire.
La resistenza era impensabile, la conformità era obbligatoria.
In questa realtà, ogni momento libero era occupato da lavoro forzato dallo Stato, come raccogliere prodotti agricoli o costruire infrastrutture. Anche gli studenti erano coinvolti: invece di iniziare l’anno scolastico con le lezioni, trascorrevano settimane nei campi a lavorare gratuitamente, in una specie di mobilitazione generale per la raccolta delle messi.
Il concetto di dovere e onore nella Romania comunista
L’educazione e il lavoro non erano intesi solo come un dovere, ma come un onore. Avere la foto pubblicata per meriti lavorativi o scolastici era motivo di grande orgoglio. L’ordine sociale era rigido e tutto era sotto il controllo dello Stato, dalla vita lavorativa alla vita privata, con un’omogeneità forzata che permeava ogni aspetto dell’esistenza.
La famiglia in Romania
La famiglia era il nucleo centrale di questa struttura, un microcosmo di onestà, puntualità, e integrità. Questi principi erano incastonati nelle vite di tutti, una sorta di armatura morale contro le avversità di un sistema oppressivo. Crescere in quel contesto significava assorbire valori che, nonostante la durezza del regime, hanno formato generazioni di cittadini laboriosi e resilienti, preparati a contribuire non solo al loro paese ma, in un ironico rovescio della medaglia, anche a quelli che li avrebbero poi accolti come emigranti.
Portare nel presente i valori della mia infanzia e giovinezza
Il dicembre del 1989 ha segnato la fine di un’era e l’inizio di un’altra. Le pratiche e le abitudini di un tempo si sono scontrate con nuove realtà, in un contrasto che continuo a vivere ogni giorno. Nel mio nuovo paese, l’Italia, ho dovuto adeguarmi a un diverso contesto sociale, dove i saluti non sono più così frequenti né così calorosi. Tuttavia, conservo ancora il rispetto per le vecchie usanze, per quel senso di comunità che, nonostante tutto, era un baluardo contro l’alienazione.
Questo è il racconto di un passato che non è solo mio, ma di un’intera generazione che ha attraversato la tempesta di uno dei periodi più turbolenti della storia moderna, portando con sé i valori di un’educazione ricevuta in tempi che, nonostante fossero oppressivi, insegnavano il rispetto per il lavoro, per la famiglia e per la società.
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