Scuole medie nella Romania comunista

Ecco come l'educazione sotto il regime comunista ha plasmato una generazione tra discipline rigorose e la scoperta di nuove passioni.

Il 15 settembre 1970 segna l’inizio di un nuovo capitolo del mio percorso scolastico: le scuole medie. Fu una transizione importante, che mi portò dalla Scuola Generale n.4 al Liceo della città. Sebbene le due sedi fossero molto vicine, situate nello stesso ampio cortile, il cambiamento segnò una tappa significativa nella mia vita, con nuovi insegnanti, nuovi compagni e un ambiente tutto da scoprire.

L’inizio delle scuole medie non rappresentava solo un cambio di edificio, ma una vera e propria rivoluzione nella mia quotidianità. L’idea di appartenere ora a un’istituzione di livello superiore mi riempiva di orgoglio e di una certa curiosità per ciò che mi aspettava. Ogni angolo di quel nuovo ambiente sembrava promettere nuove sfide e nuove opportunità di crescita personale.

Nuove amicizie e capacità di adattamento

Il nuovo contesto era vivace e stimolante, con un diverso assetto delle classi che sparpagliò alcuni dei miei vecchi compagni in sezioni diverse. Sebbene la separazione da alcune amicizie di lunga data fosse un po’ triste, ciò mi permise di stringere nuove amicizie.

Gli intervalli nei corridoi diventavano il momento per riconnettersi con i vecchi compagni, mentre nelle nuove classi si costruivano nuovi legami.

In questo contesto, iniziai a sviluppare una certa capacità di adattamento, imparando a confrontarmi con persone diverse, a comprendere le loro personalità e a costruire nuovi rapporti. Ogni amicizia rappresentava una scoperta, e ogni intervallo era un’occasione per condividere esperienze e risate, un momento per sentirsi parte di una comunità in continua evoluzione.

Un ambiente stimolante e il valore dello sport

Le scuole medie furono un periodo importante per la mia formazione e crescita personale. Il carico di studio aumentò sensibilmente rispetto alle elementari, ma allo stesso tempo ci fu un arricchimento importante: l’accesso ai laboratori di chimica e fisica, alle aule moderne come la biblioteca e la sala sportiva, e ai campi attrezzati per calcio, basket, pallamano e tennis.

Questo ambiente stimolante alimentò il mio interesse sia per lo studio che per lo sport. Mi appassionai in particolare alle attività sportive, che rappresentavano una valvola di sfogo per le tensioni accumulate durante le ore di studio. Gli allenamenti, le partite e le competizioni scolastiche diventavano momenti di grande entusiasmo, in cui si cementavano amicizie e si imparava il valore della collaborazione e del fair play.

La figura dell’uomo di servizio

Una figura molto presente era quella dell’uomo di servizio, responsabile del mantenimento dell’ordine e della disciplina nella scuola. Ogni giorno ci accoglieva all’entrata, assicurandosi che rispettassimo le regole, dalle divise all’ordine personale. La sua presenza era costante, una sorta di guardiano che ci accompagnava in questo percorso educativo.

Ricordo ancora il suo sguardo severo, ma al contempo paterno, che ci ammoniva senza bisogno di parole. Era una figura di riferimento che, pur mantenendo una certa distanza, rappresentava un punto fermo nella nostra routine quotidiana. La sua dedizione al ruolo ci insegnava il rispetto delle regole e l’importanza della responsabilità personale.

Disciplina e responsabilità

La disciplina era uno degli elementi centrali della vita scolastica. La puntualità era fondamentale e ogni ritardo veniva severamente ripreso. Le assenze erano monitorate attentamente e discusse durante le riunioni trimestrali con genitori e studenti, che spesso diventavano momenti di tensione per chi non aveva rispettato le regole.

Questi incontri rappresentavano una sorta di rito di passaggio, momenti in cui veniva messo alla prova il nostro senso di responsabilità e il nostro impegno verso lo studio.

Ricordo l’apprensione che provavo ogni volta che si avvicinava il giorno delle riunioni, ma anche la soddisfazione che derivava dal sapere di aver fatto del mio meglio. La scuola non era solo un luogo di apprendimento teorico, ma anche un ambiente in cui si formava il carattere, in cui si imparava il valore dell’impegno e della perseveranza.

La biblioteca: una finestra sul mondo

In quegli anni scoprii un profondo interesse per le materie umanistiche, come la storia e la geografia. La biblioteca del liceo divenne per me un rifugio, un luogo dove nutrire la mia sete di sapere.

Nonostante la censura e le restrizioni dell’epoca comunista, che limitavano l’accesso alle informazioni tramite i media controllati dallo stato, i libri rappresentavano ancora una finestra sul mondo, anche se filtrata.

La televisione, con le sue due sole ore di programmazione serale, lasciava ampio spazio allo studio e alla lettura. In questo contesto, la biblioteca divenne il mio luogo prediletto, un’oasi di tranquillità dove potevo immergermi nelle storie del passato, esplorare luoghi lontani e immaginare mondi diversi.

La lettura mi permetteva di evadere dalla realtà quotidiana e di coltivare un senso di libertà interiore che, sebbene limitato dalle circostanze, era per me fonte di grande conforto. Sarà stato forse per questa mia forte esigenza di libertà che nel 1992 sono andato via dalla Romania per approdare in Italia.

La passione per il francese e il sogno di libertà

Durante gli anni formativi delle scuole medie, mentre la mia vita quotidiana era immersa nelle rigide strutture dell’educazione comunista, una nuova passione iniziò a germogliare nel mio cuore: la lingua francese. Questo affascinante idioma non solo rappresentava una finestra su un mondo diverso, ma divenne anche un simbolo di libertà e raffinatezza in un contesto oppressivo.

Il mio primo incontro con il francese avvenne attraverso le lezioni scolastiche, ma ben presto, il semplice programma scolastico non bastava a saziare la mia crescente curiosità. Fu allora che decisi di approfondire autonomamente la lingua. La biblioteca del liceo diventò il mio rifugio; i suoi scaffali ospitavano una collezione, seppur limitata e censurata, di letteratura francese che afferrai con entusiasmo.

Questi libri non erano solo strumenti di apprendimento linguistico; erano porte verso una comprensione più ampia della cultura, dell’arte e della storia europee. Ogni pagina era un tassello che componeva la mappa di un continente che, speravo un giorno, avrei esplorato di persona. Imparare il francese divenne così non solo un’esercitazione mentale, ma un atto di ribellione silenziosa contro il regime che cercava di limitare i nostri orizzonti.

Con il passare del tempo, il mio amore per il francese si rafforzò ulteriormente. Con la sua melodia e il suo ritmo, era diventata una parte integrante di chi ero. Simboleggiava la mia aspirazione a una vita oltre i confini imposti, una vita dove la libertà di espressione e di movimento fosse possibile. Era il linguaggio dei miei sogni, un veicolo che mi prometteva un futuro in cui poter vivere, non solo sopravvivere.

Conclusioni

Gli anni delle scuole medie non solo forgiarono il mio intelletto, ma temprarono anche il mio carattere. Mi insegnarono l’importanza di perseguire i miei sogni con determinazione, nonostante le circostanze avverse e le aspettative della società.

Così, con un bagaglio di conoscenze, esperienze e aspirazioni, mi avviai verso le sfide delle scuole superiori, portando con me il desiderio inestinguibile di libertà e autodeterminazione.

Ogni difficoltà incontrata lungo il percorso diventò un’opportunità per crescere, ogni successo un motivo per continuare a credere nei miei sogni.

Guardando indietro, capisco quanto quegli anni siano stati fondamentali per la mia crescita, un periodo in cui ho imparato non solo a studiare, ma anche a conoscere me stesso, a capire quali fossero i miei desideri più profondi e a lottare per realizzarli.

Con questa consapevolezza, mi preparai ad affrontare le sfide future, determinato a non lasciarmi scoraggiare dalle difficoltà e a costruire il mio percorso verso la libertà che tanto desideravo.

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